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Le proposte anglo americane per la crescita europea

C’è una propulsione anglo-italiana nelle proposte di crescita per l’Europa,  crescita che sarà il tema dei prossimi mesi e summit.

Vediamo di capire meglio quali sono le proposte fatte da Monti e Cameron.

Ecco, i vari punti:

  1. l’apertura del mercato interno dei servizi;
  2. la creazione per il 2015 di un mercato unico digitale;
  3. creazione per il 2014 di quello dell’energia;
  4. il potenziamento di ricerca e innovazione;
  5. l’apertura a mercati globali come l’India;
  6. l’alleviamento delle regole Ue sulle piccole e medie imprese;
  7. l’apertura dei mercati del lavoro a donne e giovani;
  8. la riduzione nel numero delle professioni regolamentate con un «nuovo duro test di proporzionalità» da introdurre nelle norme Ue;
  9. la costruzione di un settore dei servizi finanziari «robusto e dinamico».

 

Di questi, notiamo delle “news” dei punti su cui si giocherà il futuro strategico dell’economia europea. Vediamo di analizzare i tre punti che richiedono attenzione, almeno la mia.

 Il mercato unico digitale europeo

Azione chiave: legislazione che garantisca il mutuo riconoscimento dell’identificazione e autenticazione elettronica in tutta l’UE, nonché una revisione della direttiva sulla firma elettronica, per consentire che le imprese, i cittadini e le amministrazioni pubbliche interagiscano per via elettronica in maniera sicura e senza ostacoli, a vantaggio dell’efficacia dei servizi e degli appalti pubblici, della prestazione di servizi e del commercio elettronico, anche nella loro dimensione transfrontaliera.

Rafforzare la fiducia nelle transazioni elettroniche è una conditio sine qua non dello sviluppo di un mercato interno digitale di cui potranno beneficiare pienamente i cittadini, le imprese e le amministrazioni. Ingredienti essenziali per il raggiungimento di questo scopo sono i servizi elettronici di fiducia che rispettano la tutela della vita privata, garantiscono la certezza giuridica e la sicurezza degli scambi, operano oltre frontiera, sono riconosciuti da tutti i settori di attività e al contempo sono facili da usare, economici e soggetti al rigoroso controllo delle parti di una transazione. A tale scopo, la Commissione proporrà un nuovo quadro normativo per garantire la fiducia nelle transazioni elettroniche; questo quadro proporrà la revisione della direttiva sulla firma elettronica per chiarirne i concetti, semplificare l’impiego della firma elettronica e abbattere le barriere che si frappongono all’interoperabilità. Il quadro garantirà inoltre il mutuo riconoscimento dei servizi di identificazione e autenticazione elettronica.

Il quadro normativo affronterà anche il funzionamento transfrontaliero di una serie di altri servizi di fiducia. Gli strumenti proposti da questo quadro saranno generici e svincolati da settori specifici di attività, soprattutto nel caso dell’identità elettronica. Il quadro sarà tecnologicamente neutro e sarà aperto a tutti i mezzi di comunicazione, come Internet o le comunicazioni mobili. Lo sviluppo del digitale è una delle principali leve per stimolare la crescita e l’occupazione nell’Unione europea, nei suoi diversi aspetti: il settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (il cui valore aggiunto per l’economia europea nel 2007 è stato pari a circa 600 miliardi di euro[37]); sempre più cittadini europei che utilizzano Internet regolarmente o addirittura ogni giorno (erano rispettivamente il 65% e il 53% del totale nel 2010[38]); un mercato della banda larga che, nel 2010[39], primeggiava in tutto il mondo; un mercato per le informazioni del settore pubblico stimato a 27 miliardi di euro[40], per citarne soltanto alcuni. L’iniziativa faro “Un’agenda digitale europea[41] presenta un insieme completo di azioni che alla fine dovranno condurre al mercato unico digitale.

La trasmissione dei dati e quella vocale rappresentano sempre più un servizio essenziale per tutti i cittadini europei. Per quanto riguarda i prezzi del roaming, le misure normative adottate dall’Unione a partire dal 2007 hanno chiaramente contribuito a una riduzione dei costi telefonici e a una maggiore trasparenza per il consumatore. Tuttavia, i prezzi al dettaglio dei servizi di trasmissione dei dati “in roaming” restano ancora troppo alti, così che la maggior parte dei privati e una parte importante delle imprese non utilizza tali servizi fuori dalle frontiere nazionali.

Lo sviluppo del mercato unico digitale si scontra con la mancanza di fiducia dei consumatori, le cui cause principali riguardano la sicurezza dei pagamenti e il rispetto dei diritti dei consumatori nelle transazioni transfrontaliere[42], soprattutto in termini di sicurezza dei prodotti e di contraffazione[43]. La mancanza di fiducia e le difficoltà connesse agli acquisti online in altri Stati membri spiegano il motivo per cui il commercio online rappresenta meno del 5% delle vendite al dettaglio, e soltanto il 9% degli europei ha già fatto acquisti su Internet in un altro Stato membro[44].

La sfida consiste nel mettere a disposizione di tutti i cittadini, anche quelli più vulnerabili o residenti nei territori più remoti, un vero mercato unico. A questo proposito, la Commissione presenterà un piano d’azione per lo sviluppo del commercio elettronico. La comunicazione valuterà l’applicazione della direttiva sul commercio elettronico e analizzerà le sfide da affrontare: micropagamenti, sicurezza dei pagamenti online, protezione dei dati personali, lotta alla contraffazione, evasione degli ordini, responsabilità dei prestatori di servizi su Internet, coerenza della normativa europea con ripercussioni sul commercio elettronico[45]. La Commissione proporrà inoltre una serie di misure intese a promuovere lo sviluppo di uno spazio integrato per le carte di pagamento e per altre forme innovative di pagamento. Le discriminazioni basate sulla localizzazione geografica, in particolare nel commercio online, devono essere eliminate. La Commissione presenterà delle linee direttrici [46] per porre fine alle discriminazioni ingiustificate fondate sulla nazionalità o sul luogo di residenza, soprattutto nel commercio online. Infine, la direttiva relativa al riutilizzo dell’informazione del settore pubblico (PSI[47]) ha introdotto le condizioni di base per riutilizzare il gran numero di dati prodotti dalle amministrazioni pubbliche che possono stimolare i mercati di contenuti e servizi, a patto che siano disponibili a condizioni trasparenti e non discriminatorie[48]. La sua revisione farà sì che le informazioni del settore pubblico diventino una fonte importante di opportunità e di crescita per molti altri settori innovativi ( fonte ).

Il mercato unico dell’energia europeo

L’Unione europea continua sul percorso che porterà alla creazione di un mercato unico in questo ambito e ne analizza l’attuale stato di avanzamento.

Energia: proposto un regolamento per la trasparenza

 

L’integrazione e la liberalizzazione dei mercati Ue nel campo dell’elettricità e dei gas è un’ardua impresa, data la complessità delle strutture nazionali, delle varie leggi e dei mercati internazionali. Benché negli ultimi anni ci siano stati alcuni progressi, ci sono ancora diverse aree e Stati membri in cui il secondo pacchetto legislativo sui mercati interni di elettricità e gas (adottato nel 2003), non è stato completamente attuato o dove si è resa evidente la necessità di una nuova legislazione. Il secondo pacchetto stabilisce infatti degli obblighi, da molti paesi non rispettati, per la tutela dei consumatori riguardo alle loro lamentele tramite procedure economiche, semplici e trasparenti. La sfida da affrontare è inoltre duplice, poiché anche il terzo pacchetto, adottato nel luglio 2009, deve essere implementato e portato avanti.

Il mercato elettrico e quello dei gas naturali hanno alcuni aspetti in comune, mentre per altri fattori vanno esaminati separatamente. In entrambi i settori sono state apportate delle migliorie rispetto all’allocazione di competenze alle Autorità nazionali di regolamentazione (Anr) e dunque alla loro indipendenza. I maggiori problemi condivisi sono la mancanza di applicazione di un’azione efficace da parte delle autorità competenti e l’assenza di validi sistemi penali a livello nazionale. Per quanto riguarda i numerosi mercati elettrici europei, il livello di liberalizzazione è aumentato negli ultimi anni, senza tuttavia raggiungere la soglia prevista e senza l’eliminazione della grande varianza presente tra i diversi Stati membri. L’accentramento nel mercato elettrico resta generalmente alto per la maggior parte dei paesi, così come vi sono grandi differenze nel numero di scambi d’energia e nei prezzi dell’elettricità all’ingrosso. Anche lo stato di integrazione, basato sulla capacità di interconnessione, è piuttosto variabile, ma generalmente ben inferiore all’obiettivo Ue del 10% dei mercati nazionali. L’integrazione della vendita al dettaglio è parimenti in una fase iniziale, così come la concorrenza al suo interno.

Un grande ostacolo agli investimenti, dal punto di vista del Gestore del sistema di trasmissione, sono le rigide procedure di autorizzazione, che possono richiedere un tempo superiore agli otto anni, mentre gli standard tecnici nazionali non sembrano essere più oggigiorno una grande barriera per l’integrazione del mercato elettrico. Per quanto riguarda il mercato dei gas naturali invece, le importazioni sono dominate da contratti a lungo termine e, fatta eccezione per quello del Regno Unito, il mercato è ancora poco fluido e gli scambi commerciali marginali. Anche in questo caso le differenze di prezzo tra un paese e l’altro sono notevoli, così come lo sono i quadri normativi; invece, rispetto all’elettricità, gli standard tecnici rappresentano un ostacolo lievemente più consistente all’integrazione. La capacità di stoccaggio dei gas è ritenuta ancora altamente insufficiente e ugualmente limitata è la concorrenza per la vendita al dettaglio. Quest’ultima carenza è principalmente dovuta alla congestione fisica e contrattuale e, relativamente a ciò, alla mancanza di integrazione nel mercato. In linea con l’esperienza di attuazione del secondo pacchetto legislativo, un processo altrettanto lungo e tedioso è prevedibile anche per quella del terzo pacchetto. Il Parlamento europeo dovrà monitorare da vicino tutto il percorso, sollecitando costantemente la Commissione a rispettarne l’adempienza. Dal terzo pacchetto è lecito attendersi una maggiore armonizzazione dei poteri e dei compiti delle Anr, così come un regolamento uniforme sui prezzi e sulle tariffe sia per l’industria che per i privati. Inoltre nel terzo pacchetto, contrariamente al secondo, gli enti di vigilanza e i gestori delle reti di trasmissione saranno obbligati a cooperare a livello regionale per il mercato elettrico, così come lo saranno gli Stati membri e gli stessi enti di vigilanza per il mercato dei gas naturali.

Possiamo dunque concludere affermando che il terzo pacchetto, se correttamente trasferito e applicato a tutti i paesi, porterà a compiere un notevole passo avanti nella liberalizzazione e integrazione dei suddetti mercati a livello europeo e che, allo stato attuale, non è dunque possibile anticipare se si presenterà o meno la necessità di un quarto pacchetto legislativo ( fonte ).

Il mercato indiano

L’ India, meno pubblicizzata della Cina, si sta rivelando un mercato importante in settori ad elevato contenuto tecnologico, come quello del software. Opportunità di investimento e partnership per le aziende italiane o rischio di delocalizzare anche attività immateriali ad alto valore aggiunto ? L’India ha tutte le carte in regola per divenire il polo di sviluppo software del mondo: un inglese parlato e scritto perfetto da parte della maggioranza della popolazione per interloquire con il mondo, ottimi centri superiori di matematica, informatica ed ingegneria. Gli enti accademici indiani diplomano annualmente ca. 260.000 ingegneri e 300.00 matematici, chimici, fisici, medici, filosofi. L’India conta 250 Università e 1.500 istituti di ricerca divenendo una fonte importante di figure professionali qualificate: basti pensare che si calcola che nel 2020 serviranno in Italia e Gran Bretagna 2 milioni di lavoratori specializzati, 3 milioni in Francia e Spagna, 17 milioni negli USA. l’IBM prevede l’assunzione di 4.730 programmatori in India, anche se allo stato attuale piu’ che la reperibilità delle risorse specializzate il fattore determinante è il costo del lavoro: negli USA un programmatore guadagna ca. 75-100.000 $ l’anno; in India sono sufficienti 10-20.000 $ l’ anno per remunerare un programmatore. Anche la società Accenture è dello stesso avviso: ha pianificato di elevare da 4.300 a 10.000 le proprie risorse umane presenti in India. Nonostante le contraddizioni interne dell’India, la tecnologia inizia ad essere diffusa anche tra la popolazione: sono 26,5 milioni gli utenti di servizi di telefonia mobile (20,7 GSM, 5,8 CDMA), rendendolo anche un interessante mercato di sbocco futuro. L’India quindi come opportunità, ma anche, come competitor temibile quanto la Cina, poichè proprio in quel Paese potrebbe concretizzarsi la delocalizzazione di attività immateriali, parte del processo avanzato di delocalizzazione. Un processo frutto della debolezza dell’Italia (e dell’Europa) in tema di Ricerca e Sviluppo, che sottovaluta le ripercussioni future sia in campo economico che politico internazionale, se consideriamo che dalla R&S dipenderà la conformazione dello scacchiere internazionale futuro ( fonte ).

Scritto da Barbamamma

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