Il Patto euro plus riguarda un accordo fatto in seno europeo a Marzo di cui inserisco un sunto dal sito governo.it:
Il Patto euro plus è stato approvato – nel corso del consiglio europeo del 24-25 marzo 2011 – dai capi di Stato o di governo della zona euro e cui hanno aderito Bulgaria, Danimarca, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania.
Il patto consoliderà ulteriormente il pilastro economico dell’Unione economica e monetaria e porterà ad un salto di qualità nel coordinamento delle politiche economiche, con l’obiettivo di migliorare la competitività e in tal modo aumentare il livello di convergenza rafforzando la nostra economia sociale di mercato.
Il Patto resta aperto all’adesione di altri Stati membri. Esso rispetterà pienamente il mercato unico nella sua integralità. Gli Stati membri che hanno sottoscritto il Patto si impegnano, in base agli indicatori e ai principi ivi previsti, ad annunciare una serie di azioni concrete da portare a termine nei dodici mesi successivi.
Alcuni Stati membri hanno già annunciato i primi impegni. Tutti gli Stati membri partecipanti presenteranno i loro impegni quanto prima e comunque in tempo utile affinché siano inseriti nei rispettivi programmi di stabilità o di convergenza e nei programmi nazionali di riforma.
Tradotto, anzi, andando nello specifico:
- Lavoro: moderazione salariale, allineando le retribuzioni alla produttività ( sfondamento quindi della contrattazione nazionale su tutto il continente) e rivedendo ove necessario i meccanismi di indicizzazione automatica.
- Apertura dei settori protetti, eliminando restrizioni ingiustificate ai servizi professionali e nel settore del commercio al dettaglio
- Riduzione dell’imposizione fiscale sul lavoro, per stimolare la ripresa dell’occupazione
- Garantire la sostenibilità di pensioni, assistenza sanitaria e prestazioni sociali, per rafforzare i conti; se necessario allineare l’età pensionabile effettiva alle speranze di vita e limitare i prepensionamenti.
- Inserire i vincoli Ue su deficit e debito nella legislazione nazionale.
- Prevedere una legislazione nazionale per la risoluzione delle crisi nel settore bancario.
PATTO DI STABILITÀ E DI CRESCITA. La riforma rafforza sia il braccio preventivo sia quello correttivo.
- La spesa pubblica annuale non può superare una certa soglia fissata in rapporto alla crescita del Pil nel medio termine.
- Il ritmo di discesa dei debiti pubblici eccessivi (sopra il 60%): un ventesimo l’anno nell’arco di tre anni, pena l’apertura di una procedura di infrazione, anche se il deficit è sotto il 3%. L’Italia con questa regola è costretta a finanziarie di decine di miliardi di avanzo primario. I fattori rilevantì che incidono sul debito pubblico, come l’indebitamento privato infatti vengono presi in considerazione dopo che si è fissato il ritmo di discesa dell’indebitamento.
- Nuovo meccanismo sanzioni. I Paesi poco virtuosi versano in un deposito non fruttifero una somma pari allo 0,2% del Pil nel momento in cui si apre la procedura di infrazione. Il deposito viene trasformato in multa se le raccomandazioni per correggere il deficit non sono state seguite. Ulteriori violazioni comporteranno un aumento della multa.
SQUILIBRI ECCESSIVI. Procedura di infrazione e multe anche ai Paesi che non adotteranno nei tempi previsti le misure raccomandate dal Consiglio Ue per ridurli. Verrà costituito un «meccanismo di allerta» per individuare gli squilibri esistenti, che saranno valutati attraverso una serie di indicatori.
FONDO SALVATAGGIO. Lo European stability mechanism (Esm) sarà creato con un trattato tra i Paesi dell’Eurozona. Entrerà in funzione nel giugno 2013 e presterà ai Paesi in difficoltà a condizioni molto severe e sulla base di piani di aggiustamento dei conti. I tassi di interesse sui prestiti erogati saranno in linea con i parametri dell’Fmi. Sarà dotato di 700 miliardi di euro, con una capacità di prestito effettiva di 500 miliardi. In casi eccezionali il Fondo potrà intervenire sui mercati primari del debito sovrano acquistano bond di nuova emissione
LE MANOVRE ITALIANE
Ne faranno ancora, ma ecco quello che forse arriverà quando i mercati stringeranno la gola alle finanze italiane, nei prossimi due anni (è una ipotesi frutto dell’opinione dell’autrice dell’articolo):
- privatizzazione di Enel, Eni, Finmeccanica
- patrimoniale (prendendo come imponibile sia immobili, sia titoli, sia depositi ovunque depositati, anche su banche estere)
- stretta sull’evasione fiscale (facendo colloquiare gli strumenti già a disposizione potenzialmente quindi dati bancari, dati catastali, intestazioni bollette, ecc)
- tassa su aziende italiane che producono in delocalizzazione e vendono a prezzi occidentali
- tagli sulla sanità (o aumenti del ticket)
- rivalutazione delle rendite catastali
- taglio degli stipendi pubblici
- liberalizzazioni (es. farmacisti)
- aumento dell’età pensionabile
- aumento di tasse locali (Imu, tariffe, nidi, ecc)
- aumento ulteriore dell’Iva di almeno un punto percentuale
- tagli a pensioni, stipendi pubblici
- vendita di beni immobili e aziende statali, e chiusura di enti
- varie ed eventuali (una tantum come tassa su immobili da riscuotere con la bolletta elettrica, prelievo forzoso sui conti ecc..)
Col tempo vedremo quale sarà applicata e quale no, ma queste sono le manovre attuate da altri Paesi in difficoltà, le ricette sono a fotocopia, non saperlo, ma intuirlo può servire e far agire di conseguenza.