Speculazioni e titoli, vediamo di ragionare un po’ sugli scenari di modo da essere consapevoli su quanto potrebbe accadere se certe micce si innescassero.
Non parlerò di default, poiché quella è l’ultima spiaggia e quando si verifica (anche in forma di ristrutturazione del debito guidata) il mercato si è già ampiamente mosso.
Parlerò invece di ondate speculative più o meno conclamate.
Oramai è evidente che, seppur in modo sussurrato, il nostro Paese sia sotto una certa attenzione da parte degli operatori finanziari. I motivi sono due: debito pubblico elevato e ridotta crescita. Il secondo rende il primo ancora più rischioso.
Del resto per fare una similitudine forzata, ma evocativa ed esemplificativa, se voi prestaste del denaro ad un lavoratore che iniziasse ad accumulare debiti e a trovarsi con un minore stipendio, vi preoccupereste per il timore di restituzione del vostro credito perché diminuendo le entrate ed aumentando le uscite il rischio di rimborso sale.
Recentemente S&P ha confermato il rating italiano precisando però che in caso di instabilità politica che porti a non perseguire le politiche economiche di bilancio e crescita, potrebbe essere revisionato a ribasso.
Per chi ama invece i CDS (credit default swap) saprà che dopo Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna, i cds più elevati in area Euro sono quelli italiani.
Per coloro che valutano la rischiosità di un titolo europeo parametrandolo al Bund tedesco, possiamo sottolineare che gli spread del Btp rispetto al Bund hanno di recente superato i 2 punti.
E sappiamo che a fronte di maggiore rischiosità il mercato pretende tassi più alti, quindi un tale differenziale ci indica come la rischiosità italiana sia aumentata, fosse anche per un certo periodo, la cosiddetta ondata. Potrebbe tutto rientrare se vi fossero degli interventi strutturali, potrebbe tutto aggravarsi in caso di crescita bassa ed inerzia politica.
Dunque vediamo un po’ due aspetti da considerare in caso di forte ondata speculativa, cioè, in altri termini, quali sono i due fronti di investimento da monitorare: titoli di Stato e titoli bancari (ed aggiungo più in generale anche la Borsa).
Titoli di Stato: per chi detiene titoli di Stato italiani va fatto un discorso diverso a seconda della fotografia fatta nel corso della vita del titolo o alla sua scadenza.
Se ho già ad esempio un Btp in portafoglio, un aumento degli spread sul Bund si ripercuotono sulle emissioni future, cioè apparentemente non mi cambia nulla, avrò il mio tasso fisso relativo a quella emissione, e a scadenza avrò il mio capitale a 100.
Però a fronte di nuove emissioni più “ricche”, il mercato si muove, e i grandi investitori (assicurazioni, sim, ecc) vendono il titolo che rende meno per acquistare il titolo con tasso maggiore; a fronte di grandi volumi di vendita il prezzo del Btp già emesso e con tasso meno ricco si vedrà diminuire il suo prezzo, quindi se vendessi il mio titolo prima della scadenza lo farei al prezzo di mercato di quel momento.
Vi invito a prestare attenzione ai titoli sensazionalistici dei giornali: quando scrivono con euforia che i rendimenti dei titoli di Stato sono aumentati vi stanno solo dicendo che il loro prezzo è sceso!
Cioè il vostro titolo Btp già emesso, se lo volessi comprare io, lo pagherei ad un prezzo più basso di qualche tempo prima, quindi significa che il rendimento finale è maggiore.
Es. titolo btp al tasso fisso del 3%: lo compro a 98 (prezzo più basso di quello di emissione), avrò il rimborso a scadenza di 100, quindi in totale come rendimento avrò nel periodo di detenzione il 3% di interesse annuale + il differenziale di 2 di capitale (pago 98 e mi ridanno 100).
Sono conticini esemplificativi conosciuti ai più, ma è importante ragionarci sopra.
Alla scadenza lo Stato rimborsa il capitale a 100, salvo che non dichiari default o ristrutturazione, ma come già accennato si tratta di un caso per noi e per ora non ancora realistico, e seguirebbe a ben altre dichiarazioni e situazioni che probabilmente darebbero già un segnale al mercato di “pericolo imminente”.
Titoli bancari: gli episodi dei PIGS ci indicano come viaggino insieme i due sistemi, e quando vi sono problemi di bilancio statale, il rischio Paese di ripercuote anche sui bancari nazionali, nonché sulla Borsa.
I titoli azionari bancari hanno solitamente il maggiore deprezzamento, ma anche gli obbligazionari ne risentono, nonché le società che hanno solitamente grandi investimenti in titoli di Stato (assicurazioni, fondi comuni obbligazionari italiani ed europei, gestioni patrimoniali obbligazionarie italiane ed europee).
Tutto ciò spesso si aggrava dal fatto che, se non alle prime, ma alle seconde avvisaglie, molti correntisti migrano i loro capitali fuori nazione, cercando di tutelarsi, ma portando maggiori difficoltà di liquidità alle banche.
Mantenere dei depositi, nel limite del possibile, non eccedenti ai massimali di rimborso del fondo garanzia depositi è certamente prudenziale, ma è opportuno segnalare che fino ad oggi pur di salvare le banche gli Stati europei hanno peggiorato i loro conti pubblici. Non so se verranno salvate tutte le banche con difficoltà, ma per ora il sistema europeo è orientato al salvataggio, ed anche la Bce, dichiarando disponibilità a liquidità illimitata per gli Stati fa da scudo indiretto per tali salvataggi. Il dubbio è chi alla fine pagherà, unito al rischio di una massa di liquidità che potrebbe aumentare l’inflazione.
Concludendo, niente allarmismo, ma solo consapevolezza e controlli frequenti sulle notizie relative alle nostre banche, titoli e dati macro.