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Autocertificazione degli averi in Svizzera

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15 Dicembre 2012   |   Opinioni

Autocertificazione degli averi in Svizzera

Le recenti novità che hanno investito i rapporti fiscali tra la Svizzera e il resto del mondo sono all’ordine del giorno, soprattutto come è ovvio nella stampa elvetica. Di rimando, tali novità sono utili anche a tanti piccoli risparmiatori italiani che negli ultimi due anni hanno cercato rifugio nel paese confinante alla ricerca di una maggiore solidità e serenità per i propri risparmi.

Non fa quindi notizia che PostFinance, la posta svizzera prossima a divenire una banca a tutti gli effetti, inizi a richiedere ai suoi correntisti di certificare la provenienza dei propri averi. Chi ci segue da tempo ha già potuto verificare personalmente che questa è una pratica di trasparenza già adottata dalle banche che abbiamo recensito e che permettono l’apertura anche da remoto ad investitori stranieri.

Pur non avendo ancora pubblicato un aggiornamento specifico sulla questione, il comportamento di PostFinance prende origine dalle decisioni del Consiglio Federale, il nodo all’interno del quale si dibattono gli accordi bilaterali in corso tra cui quello con l’Italia. Proprio nella seduta di ieri, il consiglio ha dichiarato che a partire dal 2013 tutti gli istituti elvetici seguiranno la pratica già anticipata dalle poste di non accettazione di capitali esteri non dichiarati nel paese di origine.

Non si tratta, come è ovvio, di sostituirsi al controllo tributario del paese di origine. Il consiglio esorta piuttosto gli istituti a promulgare un’autodisciplina sul tema, obbligandoli nel frattempo a proporre l’autocertificazione; ma l’autodichiarazione stessa degli averi da parte del cliente sarà completamente facoltativa. Nel comunicato si legge infatti:

Nel quadro degli obblighi di diligenza volti a impedire l’accettazione di valori patrimoniali non dichiarati, è previsto che l’intermediario finanziario possa esigere dai suoi clienti un’autodichiarazione che confermi l’adempimento dei loro obblighi fiscali. L’autodichiarazione permette di ritenere che il comportamento del cliente sia fiscalmente conforme. Ciononostante non esiste l’obbligo di autodichiarazione.

Tuttavia, in caso di rifiuto nel presentarla, tale azione sarà interpretata come un indice di potenziale illegalità con le conseguenze del caso.

E visto che questa novità fa parte del quadro più ampio degli accordi internazionali in via di definizione, volti all’emersione proprio di denaro non dichiarato nel paese di origine perché frutto di evasione o attività illegali, si può presumere che possa partire in tal caso una segnalazione automatica presso gli organi di controllo.

Scritto da Massimiliano Brasile

Massimiliano Brasile

Ingegnere, autore di svariati articoli tecnici nel settore IT, appassionato di finanza personale, crawling e android. Vedi il profilo anche su Google+.

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15 Dicembre 2012   |   Opinioni

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