La rivoluzione necessaria
Scritto da Massimiliano Brasile
6 Aprile 2020 | Home Page - Fondo, Opinioni, Salute
PiccoloRisparmio compie 12 anni oggi infatti era aprile 2008 quando è nato: la crisi dei mutui subprime sarebbe arrivata circa sei mesi dopo e l’evento più drammatico in occidente era stato l’attacco terroristico del 2001.
I conti di deposito erano in piena esplosione, i tassi variegati spingevano a sperimentare, la tassazione era favorevole e si aprivano prospettive inedite per investire in qualche caso da remoto anche all’estero.
In questo scenario ho iniziato a promuovere da più punti di vista la mia personale alfabetizzazione digitale, fatta in tempi non sospetti, che mi spingeva a provare e condividere unicamente prodotti o servizi accessibili grazie a internet.
Non a caso, oltre ai conti bancari, ho promosso l’accensione di RC Auto online e quando ho vissuto da vicino l’esperienza della cassa integrazione, ho realizzato uno strumento di calcolo online tuttora in uso (ha totalizzato quasi 300mila interazioni) anche se temo abbia perso di utilità dopo anni di tormentate vicessitudini normative. Negli ultimi anni però le banche hanno iniziato a chiudere le filiali e sono nati diversi motori che aggregano offerte sulle utility (gas, luce, acqua, tlc), così come sui mutui e surroghe, e anche sui conti di deposito, segno evidente del trend sempre più in crescita di utenti interessati a cercare online non solo l’ultimo outfit di qualche “influencer”, ma anche condizioni economiche migliori dei leader di mercato storicamente visibili in strada.
Negli ultimi anni, complici certamente eBay da vecchia data e più recentemente Amazon, anche noi italiani ci siamo appassionati agli acquisti da e-commerce, non senza risvolti negativi ( immagino a tutti sarà successo di trovare ormai pochissima scelta di elettronica di consumo nei supermercati e negli stessi negozi specializzati, anche perché si è diffuso purtroppo il costume di provare in negozio ma comprare online e questo vale anche nel settore della moda.. ) ed è entrata nella nostra cultura oltre alla zucca di halloween anche il black friday. Sempre per restare sugli e-commerce, il trend era in crescita, ma restava comunque marginale con l’Italia sempre abbastanza in coda rispetto ad altri paesi europei per innovazioni tecnologiche, diffusione della banda larga, penetrazione di computer nelle famiglie.
La situazione attuale ( #iorestoacasa ) che ci richiede un confinamento forzato in casa sta però cambiando le cose in maniera talmente rapida ed evidente che nel giro di poche settimane abbiamo assistito a una rivoluzione che sembrava impensabile nel nostro paese. Lo smartworking, che fino a poco tempo fa sembrava un’eccezione è diventato la normalità (e lo dico con un’anzianità di 6 anni di smartworking alle spalle) e non ridono più le persone che mi conoscono quando gli racconto che da almeno due anni compravo anche il caffé online perché risparmiavo il 20% rispetto ai centri commerciali di zona; probabilmente sono le stesse che ora la spesa per intero la ordinano via email e se la fanno portare a casa (sembra incredibile ma il 75% degli italiani che ha comprato online nell’ultimo mese l’ha fatto per la prima volta in vita loro). E ora ordinare a casa non solo pizza, ma per esempio cibi esotici e persino pasta all’uovo e a portata di tap con Deliveroo o Just Eat.
Ecco la breve intervista concessa da Paolo Pandozy, CEO di Engineering, sulla digitalizzazione che stiamo vivendo.
Tutte le attività che già vendevano online (chi più chi meno) stanno letteralmente esplodendo, quelle che possono convertirsi all’online è bene che lo facciano prima possibile per sopravvivere. L’unico vero problema, soprattutto al sud, è la logistica in affanno e non all’altezza della domanda.
Negli ultimi giorni abbiamo appreso dapprima che l’INPS ha semplificato la procedura d’accesso al suo portale (si erano inventati una procedura abbastanza macchinosa per cui un primo pin serviva per accedere al portale, ma per procedere poi a inoltrare le domande dovevi prima convertirlo in un pin dispositivo aspettando una lettera a casa… e chissà come mai non hanno scelto da subito modi più efficienti e rapidi di realizzare una firma remota, come hanno fatto le assicurazioni e le banche che usano OTP via sms da anni…) e che poi, nonostante l’epic fall del primo aprile, è stato in grado di gestire l’enorme mole di domande per i sussidi.
Persino qui in provincia è stato possibile svolgere pochi giorni fa un’udienza con l’imputato a 100km di distanza grazie a Skype ( solo qualche mese fa mi struggevo parlando con il mio avvocato dell’ingessatura e della carta su cui si basano anche i processi civili che possono sì essere avviati telematicamente, ma poi vanno seguiti fisicamente in cancelleria con richieste, fotocopie e bolli continui.. ). Addirittura, per quanto il mercato immobiliare sia in picchiata, con diversi agenti immobiliari intenzionati a chiudere la propria attività, stanno sbocciando soluzioni per visite virtuali e anche se ancora non siamo pronti per le stipule a distanza, il notariato ha diramato un vademecum specifico per questo periodo.
Ma anche ricostruire la catena dei contagi del COVID-19 è un’attività possibile grazie alla condivisione in open data dei risultati delle analisi di tutti i laboratori di ricerca sparsi nel mondo e persino quel fenomeno di George Hots può provare a hackerarlo.
In questo momento non abbiamo ancora idea di quanto tempo durerà questa situazione ( è chiaro che si naviga a vista.. ) che è chiaramente insostenibile per qualunque economia (figuriamoci la nostra sovraindebitati come siamo) e probabilmente dovremo ripartire gradualmente e neanche troppo in là nel tempo, altrimenti rischiamo di non riprenderci affatto, ma se possiamo sperare di trovare anche nella situazione drammatica che stiamo vivendo un aspetto positivo da non sottovalutare è proprio in questa rivoluzione necessaria ( prendendo in prestito una definizione guarda caso coniata nel 2008 da Peter Senge, docente del MIT ) e di massa che ci ha costretto a utilizzare prepotentemente delle tecnologie che finora non erano state adeguatamente valorizzate, se non dagli addetti ai lavori o dai tecnici.
Pensiamo alla didattica a distanza che sta permettendo (non ovunque purtroppo) di proseguire l’istruzione dei nostri figli e che involontariamente ha causato anche un boom di vendita di notebook, oltre all’erogazione di 85milioni di euro agli istituti per l’acquisto di tablet e notebook per studenti meno abbienti.
Pensiamo alla telemedicina, una delle principali promesse del 5G, che a Wuhan è stata utilizzata massicciamente e fa volare l’indotto.
Pensiamo al fatto che i medici di base hanno informato i propri pazienti che per avere un semplice ricetta basta una telefonata e potranno ricevere via sms, email o WhatsApp il numero della ricetta elettronica…
Mi sono spesso chiesto (senza fare polemica) perché dovevo andare fisicamente in ambulatorio per avere (per il solito medicinale contro la rinite stagionale) la ricetta senza la quale non può essere acquistato, ma ho sempre gridato allo scandalo quando vedevo la copia cartacea di cortesia della ricetta e sono convinto che la maggior parte di noi non sa che era totalmente inutile dato che medici e farmacie sono collegate telematicamente tramite le ASL e non hanno bisogno d’altro che del codice della ricetta elettronica per sapere quali farmaci sono stati prescritti. Ci voleva il COVID-19 per sapere e beneficiare tutti di un servizio in funzione dal 2011 ? Magari è così da noi che viviamo in provincia, infatti proprio io ho potuto chiedere e ottenere nel giro di un quarto d’ora la ricetta elettronica mandando una semplice email e ho poi mostrato i codici a barre del PDF di ritorno al farmacista che l’ha inseriti nel suo terminale.
E se veramente l’Italia sta scoprendo che molto si può fare a distanza (e che soprattutto si può fare in questo modo sia perché più sicuro per la salute pubblica sia perché è efficiente) non voglio credere che quando torneremo ad abbracciarci, torneremo tutti a voler fare file in filiale o all’ufficio postale per un pagamento o attendere che il medico si liberi per una ricetta. Voglio sperare che impiegheremo il nostro tempo per fare qualcosa di più interessante, che certi rifiuti psicologici o culturali a svolgere operazioni online diventino un ricordo del passato.
Tuttavia in questa rivoluzione manca un tassello fondamentale: la connessione a internet va dichiarata un bene di prima necessità, al pari delle altre utility. Non è pensabile che sia possibile sospendere il servizio se le attività quotidiane devono potersi basare su questo canale, perché in automatico mancherebbe la possibilità di telelavorare, istruirsi, comunicare con la pubblica amministrazione. Né ritengo sia saggio lasciare all’iniziativa dei soli gestori di telecomunicazione, coinvolgere commercialmente i consumatori. Come è stato anni fa per il conto corrente di base gratuito, dovrebbe esistere una offerta di collegamento a internet di base gratuita ( e magari anche un computer, come già suggeriva qualcuno) in grado di assicurare una connettività sufficiente a tutti. Il costo della stessa dovrebbe essere interamente a carico dello Stato ( in Finlandia è così per la banda larga dal 2009 ma lì hanno dematerializzato anche la posta per dire.. ) al fine di consentire a ciascun cittadino di restare connesso con tutti gli altri. In tal modo potrebbero essere coordinati centralmente gli sforzi per ridurre le congestioni e gli attacchi di pirateria informatica (investendo ove necessario, prima di tutto in competenze) superando le logiche di mercato e limitando più efficacemente eventuali abusi. Tuttavia proprio questa sera il presidente del consiglio ha espresso questa stessa posizione, il che fa sperare che sotto la spinta del momento possa persino essere equiparato l’accesso a internet a un bene fondamentale per ogni cittadino.
6 Aprile 2020 | Home Page - Fondo, Opinioni, Salute
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