L’Italia è in crisi.
Se ora lo scrivo va bene perché è ufficiale, ne parlano addirittura stampa e telegiornali, quindi ora esiste questo problema: il micidiale cocktail del debito enorme e una crescita terribilmente bassa.
Certo, l’Italia non è la sola a dovere affrontare questa ondata speculativa, ma il detto “mal comune mezzo gaudio” non credo possa tranquillizzare gli italiani verso non solo le perdite dei loro titoli ma soprattutto sui sacrifici che saranno sulle loro spalle.
Se si evitasse di trincerarsi dietro i fondamentali e si facesse da subito una manovra pesante, dura ma decisiva sarebbe meglio. Invece faremo a bocconi e sarà peggio, alla fine spenderemo di più e perderemo molte nostre aziende, basti vedere cosa è successo in un anno in Grecia, manovra dopo manovra. Peccato perché è una strada che percorreremo anche noi seppur con modalità diverse, non perché siamo comela Grecia, ma perché siamo l’Italia e appunto abbiamo un debito e un peso sul PIL europeo che ci fanno essere dei sorvegliati speciali. Badate che gli italiani stanno già pagando: ad ogni colpo speculativo sia borsa che titoli di Stato hanno delle perdite (potenziali certo, solo sulla carta finchè non vendete), ma considerato che nei portafogli italiani ci sono molti titoli di Stato e azioni italiane (acquistate direttamente o con fondi comuni e gestioni) c’è poco da fare sonni tranquilli. Senza considerare qualcosa di cui non si parla: i fondi pensione, quelli in cui molti hanno messo il proprio tfr, che hanno di certo perdite ma di cui non troverete servizi giornalistici in merito perché vedete in questi casi, il dictat è sempre lo stesso: non creare allarmismi. I giornali, il vostro consulente bancario, la classe dirigente vi diranno di stare fermi di non muovervi, non vendere, non spostare, non esportare all’estero i risparmi, ecc. Dovete stare fermi, perché il mercato è già ballerino così e se si aggiunge un panico da mercati gli effetti possono creare problemi di maggiore volatilità a chi muove i fili della finanza. Gli italiani quindi stanno già pagando, peggio che una patrimoniale, ma tanto poi (non prima ma poi) arriverà anche quella, forse, perché per uscire da tale crisi la classe dirigente europea sa benissimo cosa fare, il problema è che le misure sono talmente impopolari che si cerca di rimandare per evitare danni elettorali, e invece alla fine le manovre dolorose penso si faranno, ritardarle significherà pagare di più e far guadagnare i soliti noti cioè le economie reali di chi ci governa (qualche Stato oggi, Bce domani). Attenzione non parlo di finanza perchè se un Paese europeo ha crisi noterete che anche le borse di Parigi e Francoforte scendono, parlo di economie reali intendendo acquisti di aziende.
L’Italia non potrà essere salvata dagli altri Stati, questo non è ufficiale, così come non lo erano le mie opinioni sulla speculazione di Btp e titoli bancari scritte su articoli di qualche mese fà: l’Italia non è vero che è intoccabile perché ha un debito troppo grande, anzi è proprio questo che la rende insalvabile con un fondo salva-Stati. Quanti soldi ci vorrebbero, chi li metterebbe questi soldi, chi pagherebbe questa assunzione di rischio? Anche solo tentare di salvare un grande Paese come Spagna e Italia significa rimandare i nodi della moneta unica su economie diverse e fiscalmente autonome, e rischia di creare speculazione anche su economie europee più solide. Ma i big europei nel breve periodo avrebbero più difficoltà se non intervenissero e lasciassero marciare la speculazione sull’euro, motivo per cui bisogna intervenire, tenere il mercato il più possibile e nel frattempo trovare la soluzione definitiva, non indolore, ma guidata, canalizzata. Certo, il mercato lo sa, e colpisce anche dopo le migliori dichiarazioni politiche, perché oggi ha intuito ciò che sta cambiando e contribuirà a cambiarlo.
Chi detiene il nostro debito detiene la nostra politica economica, e a fronte del rischio emittente, e/o di un’eventuale allungamento del rimborso (semmai un giorno avvenisse mai), può tenerci in vita per tenere in vita l’Euro e compensare il rischio facendi shopping nella nostra nazione, comprando a saldo nostri asset strategici, percorso già in atto del resto da parte di qualche Stato, notamentela Franciaela Germania.
La crisi non è mondiale, la crisi è sui Paesi più globalizzati finanziariamente e con lati deboli o fragili, la speculazione è economica ma anche politica, è in atto una lotta di colonizzazione mascherata da aiuti istituzionali.
Signori, non esitono crisi ma solo opportunità (il motto che si sente nelle sale operative finanziarie e secondo me anche in qualche salotto aziendale ed istituzionale).
Vediamo una panoramica veloce su alcuni Paesi:
– USA: per avere la febbre si deve avere almeno 37, è la soglia febbrile, immaginate che si decida che la soglia passa a 38; vi troverete ad avere la febbre, ad essere di fatto malati, ma non formalmente. Gli Usa sarebbero già in default tecnico se non avessero aumentato la soglia del debito, e non è certo la prima volta che lo fanno. Il mio è un esempio semplicistico,ma evocativo per sottolineare che era ovvio che gli Usa non erano più un tripla A (seppur si tratta sempre di una grande economia), il sostegno era determinato in parte dal QE, stampare moneta da parte Fed, ma non pensavo che un giorno qualcuno avrebbe fatto un downgrade perchè chi mai avrebbe potuto osare contraddire la tripla A americana, anche solo per la forza politica che gli Usa hanno ancora? Ma ora che questo è stato fatto, tutto è possibile, nessuno è più intoccabile. Per l’Italia non è una buona notizia questo downgrade anche perché S&P ha valutato nella sua decisione il processo politico statunitense, e ricordo che sempre S&P pochi mesi fa ha chiaramente indicato che avremmo subito un downgrade anche noi nel caso di stallo politico e mancanza di riforme. Direi quindi che la situazione odierna non ci fa state obiettivamente tranquilli e penso che S&P o Moody’s ci metteranno sotto osservazione nel prossimo anno.
– Cina: nemmeno la Cina può permettersi una crescita esponenziale infinita, e prima o poi qualche cricca la avranno anche loro. Per ora , sul piano della economia politica il messaggio è chiaro: gli Usa hanno bisogno della Cina che è il loro maggior creditore, mala Cinanon può permettersi degli Usa in eccessiva crisi finanziaria altrimenti ne và delle loro finanze. Le due economie hanno bisogno l’una dell’altra, seppur rimarrà sempre viva la corsa alla leadership che alla fine vedrà perdente gli Usa e vincente l’India.
Ho detto India? Eh eh…
– Giappone: secondo me il Giappone ha già fatto il giro di boa, non è più sostenibile la loro situazione col debito più alto del mondo, la popolazione anziana e mancanza di efficaci politiche di immigrazione (sennò chi lavora e chi paga le pensioni?), ma per ora tutto tace. Secondo me prima o poi arriverà anche il caso Japan, ma forse qualcuno ha deciso che non è ora il momento.
– UE: questo è il capitolo più dolente. Stando così, fra 10 anni ci sarà l’euro come lo conosciamo oggi? Come disse Manzoni: “ai posteri l’ardua sentenza”. L’Ue se cercherà di tentare di salvare qualche Stato (o meglio i mercati e l’euro) con operazioni straordinarie come l’acquisto di bond italiani da parte Bce si potranno avere dei periodi di apparente calma, ma poi ne risentirà la moneta unica insieme alle borse europee, perchéla Bcenon può diventare un hedge fund, né permettersi di comprare i titoli di ogni Paese membro in difficoltà. Un fardello del genere significherebbe far affondare tutta la barca, la zavorra rischia di fare troppi danni. Morirà Sansone con tutti i filistei? Lasciare uno Stato al suo destino sarebbe comunque un errore se venisse fatto subito, quantomeno per le opportunità da giocarsi nell’acquisto dei suoi assets, e comunque creerebbe incertezza sul futuro dell’Ue e della moneta unica. Gli Stati hanno già deciso, hanno bisogno ancora di un po’ di tempo per sistemare qualche partita e qualche affare nazionale. La strategia potrebbe essere quella di spingere ad ogni ondata speculativa lo Stato in questione , ad esempio l’Italia, verso nuove e sempre più pesanti manovre fino ad arrivare a far vendere i gioielli di famiglia, privatizzando ad esempio l’Eni, acquistando ad esempio le aziende italiane che oggi hanno una patrimonializzazione tale da essere preda di scalate(Unicredit, Generali e altre aziende hanno una quotazione che era impensabile tre anni fa), e magari puntando anche sullo sfruttamento (ehm, concessione) di siti turistici, archeologici, in gestione a società private straniere. Noi abbiamo qualcosa che ci invidiano all’estero: un discreto risparmio privato (che fa gola a banche estere e sim) ; il maggior patrimonio artistico mondiale (pensate quindi alla rete di trasporti passeggeri aerei e ferroviari, alla gestione turistica); e una bella posizione assolata al centro del mediterraneo (pensate al solare, il futuro si gioca sull’energia). Non se li lasceranno sfuggire.
L’Europa della moneta unica deve diventare grande e capire cosa vuole essere, così non va avanti, o tira a campare rischiando lo sfaldamento o decide di diventare una federazione e a questo punto ci vuole una politica fiscale comune, un governo europeo incisivo e una politica estera comune.
– Italia: il debito è enorme e la crescita debole, seppur il Paese ha ancora un discreto risparmio privato, motivo per cui la speculazione si è svegliata, o meglio, qualcuno se era già accorto che i conti non andavano e le prospettive neppure ma per permettere di alleggerire le banche del rischio Italia era necessario che i mercati fossero tranquilli. E’ ad esempio noto che Deutsche bank ha venduto 7 mld di titoli italiani su 8 mld detenuti, un vero scarico che forse ha anche una motivazione politica, ma per ora ragioniamo solo su ambito economico. Un tempo, in maretta, lo Stato svalutava, un tempo era più difficile burocraticamente spostare le proprie aziende all’estero, un tempo l’Italia aveva una crescita molto più alta di quella odierna, un tempo l’Ue non era ciò che è diventata oggi (l’erosione della sovranità nazionale è un processo noto e aderito dagli Stati membri), la finanza non era così globalizzata e i risparmiatori italiani investivano in titoli di Stato, libretti e qualcuno in qualche azione italiana passando sempre dalla banca (internet non c’era ancora). Quindi nulla sarà come prima perché nulla è come prima, il momento storico, sociale, economico è diverso, enormemente diverso.
Il Paese ha vissuto sopra le proprie possibilità ed ora o si rinuncia a qualcosa (o molto) o si perde tutto.
Questo si tradurrà in alcune manovre molto pesanti, perché i mercati vorranno risposte in tempi brevi, risposte concrete, cifre immediate, che non possono limitarsi a prospettive. Per intenderci, la crescita per essere strutturale e sana necessita di tempo, di anni, quindi è certo importante agire per la crescita ma in tempi brevi sarà necessario agire tagliando la spesa, aumentando tasse e tariffe e privatizzando. La risposta sarà quindi amara per le tasche degli italiani, ma ogni ritardo costerà molto di più rispetto ad agire subito. La ricetta è già nota, è stata già attuata da altri Paesi europei. Gli investitori vogliono risposte in breve periodo, con tempi molto veloci, e quindi bisognerà fare cassa e nel caso in cui essi dovessero verificare dei tempi di risposta lenti e approssimativi il mercato si muoverà a tal punto da costringere a politiche impopolari prese dal governo eletto oppure da un governo tecnico presieduto da personaggio di rilievo economico internazionale, ad esempio Monti o Bini-Smaghi. In realtà un governo tecnico c’è già, presieduto da Francia e Germania: l’Ue sta già dettando all’Italia l’agenda economica così come fatto perla Grecia.
Il mondo economico, sociale, politico sta cambiando pelle. La campana suonerà per qualcuno di questi Paesi citati o per tutti?
Forse il double dip è alle porte